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LA
VIOLENZA RAPPRESENTATA – La violenza di genere
La
violenza contro le donne
I
dati statistici e le dimensioni del problema
Il
tema della violenza contro le donne sembra abusato, trito, quasi
noioso. I media ( giornali, televisione, cinema) ci riportano
quotidianamente notizie relative ad aggressioni, molestie,
stupri compiuti da uomini ai danni di donne; sembra ai più che tutto
sia stato già detto riguardo a questo problema, ma in realtà è
necessario approfondire la riflessione dal momento che negli ultimi
anni la violenza maschile si è addirittura intensificata ed
diventata più grave nei suoi effetti, provocando angoscia e dolore
nei diretti interessati, ma anche sgomento nell’opinione pubblica.
A
questo proposito è opportuno consultare il documento più recente
curato dall’ISTAT, un’audizione parlamentare svolta dalla
Dott.ssa Linda
Laura Sabbadini, che su richiesta della Commissione parlamentare di
inchiesta sul
femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, ha raccolto dati,
elaborazioni e analisi sul tema. Il documento reca la data del 19
novembre 2019.
Relativamente
al paragrafo 5, Interruzione della relazione di coppia e violenza
contro le donne, leggiamo:
“I
dati raccolti attraverso l’indagine sulla sicurezza delle donne ci
dicono che, nel corso della loro vita, quasi 3milioni e 700 mila
donne hanno interrotto una relazione (anche senza convivenza) in cui
subivano almeno un tipo di violenza fisica, sessuale o psicologica;
di queste 1 milione separate o divorziate. Più di 2 milioni erano
state vittime di violenza fisica o sessuale, tra le quali più di 600
mila separate oppure divorziate. Le donne separate o divorziate
risultano essere un segmento particolarmente a rischio di violenza da
parte dell’ex partner: il 36,6% infatti è stata vittima di
violenza fisica o sessuale da parte del coniuge o convivente da cui
si sono separate, contro una media del 18,9%. Focalizzando
l’attenzione sugli ultimi 5 anni sono 538 mila le donne vittime di
violenza fisica o sessuale da ex partner anche non convivente. Le
violenze subite sono considerate gravi in quasi il 90% dei casi,
molto gravi nel 62,9% dei casi e il 45,6% delle vittime ha subito
ferite. Oltre la metà (53,9%) ha dichiarato di aver avuto paura per
la propria vita o quella dei figli”.
Anche
dai dati ISTAT 2014 risulta che Il 31,5% delle donne tra i 15 e i 70
anni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una
qualche forma di violenza fisica o sessuale; il 5,4% (1 milione 157
mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro o il
tentato stupro. Ha
subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6%
delle donne (2 milioni 800 mila) in particolare il 5,2% (855 mila)
dal partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner.
La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in
passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenze subite
(68,6%).
Il
24,7% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da
parte di uomini non partner: il 13,2% da estranei e il 13% da persone
conosciute.
Le
donne subiscono minacce (12,3%), sono spintonate o strattonate
(11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre
volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%). Meno
frequenti le forme più gravi come il tentato strangolamento,
l’ustione, il soffocamento e la minaccia o l’uso di armi.
Le
forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o
amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner,
nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche
(come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior
parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto
di molestie sessuali.
Ricercare
le cause
Gli
atti di violenza, sia fisica che psicologica, non sono diminuiti con
una maggiore informazione e sensibilizzazione dell’opinione
pubblica. Inoltre ormai è chiaro che tali atti non sono più
numerosi al sud piuttosto che al nord; anche il livello culturale e
sociale non influenza i dati statistici. Gli uomini violenti
appartengono a tutte le condizioni socio-culturali e vivono in
campagna come in città, nelle regioni meridionali così come nelle
aree più sviluppate del nostro Paese. Anzi, se c’è una regione
che sembra particolarmente afflitta da questo problema, è la ricca
ed evoluta Lombardia.
Spesso
dietro le violenze, che per la maggior parte vengono realizzate da
patner o ex, c’è una donna che vuole interrompere una relazione,
che per motivi vari vuole realizzare un nuovo progetto di vita.
Nelle
notizie di cronaca, mentre si dà grande enfasi ai modi spesso
efferati in cui è avvenuto l’omicidio o la violenza, e si indugia
sin troppo sulla spettacolarizzazione del fatto, quasi mai si cercano
di comprendere le motivazioni profonde che sono alla base dei
comportamenti aggressivi; comportamenti che comunque vengono
liquidati immancabilmente come la conseguenza di disturbi mentali o
alterazione dovute all’uso di alcool, droghe o problemi
sopraggiunti.
Si
dovrebbe invece indagare sullo stato delle relazioni tra uomini e
donne in questo particolare momento storico. E’ quello che
suggerisce il sociologo Marco Deriu, tra i fondatori
dell’associazione “Maschile plurale”, che parla di una
“questione maschile”: le violenze non sono il retaggio di una
cultura patriarcale, arcaica, residui del passato, ma sono la
reazione ad un nuovo modo di essere delle donne. Gli aggressori non
considerano le donne come esseri subordinati, che hanno minor valore
rispetto agli uomini, la loro non è necessariamente una mentalità
retrograda. Anzi, spesso sono persone che hanno conseguito un titolo
di studio, che svolgono delle professioni e che vivono in aree
sviluppate.
Questa
nuova forma di violenza è diversa rispetto a quella di cui era fatta
oggetto la donna nella società patriarcale e ha a che fare con il
processo di emancipazione e di liberazione femminile, in cui un ruolo
fondamentale ha svolto il movimento femminista.
Le
donne oggi hanno una diversa consapevolezza di sé, studiano,
lavorano, coltivano progetti personali, si pongono obiettivi da
raggiungere; vivono le relazioni sentimentali cercando di realizzare
un’intesa psicologica ed affettiva col partner e di costruire un
rapporto basato sulla fiducia e sulla stima; nel passato invece il
matrimonio era spesso determinato da ragioni sociali ed economiche e
non di rado prescindeva da ogni coinvolgimento emotivo. Questo rende
il rapporto tra uomini e donne oggi sicuramente più complesso e
vulnerabile, ma di certo più soddisfacente per entrambi: esso non è
dato una volta per tutte, ma è frutto di una mediazione continua tra
i bisogni dell’uno e dell’altra, si regge sulla volontà di
comunicare e comprendere.
Sotto
la lente: le relazioni tra uomini e donne
Nonostante
ciò, accettare la libertà dell’altra e dell’altro può
non essere facile; soprattutto sono in difficoltà gli uomini, che
spesso faticano ad accettare l’autonomia psicologica e
l’indipendenza anche materiale delle donne, tanto mutate rispetto
al passato; molti non sanno entrare in relazione con l’attenzione e
il rispetto necessari e , se il rapporto viene interrotto, cadono in
una crisi di difficile e dolorosa risoluzione; sembra proprio che
quanto più sono deboli e vulnerabili, tanto più cercano nella
relazione con una donna le sicurezze che non hanno; vorrebbero
modellare le figure femminili in base alle loro esigenze e ai loro
desideri, ma nel mondo contemporaneo questo non è più possibile.
Accadeva nel passato, ma con gravi limitazioni e sofferenze femmnili.
D’altronde
vediamo che ancora oggi i media ci propongono modelli di
comportamento, psicologici ed estetici, in cui le donne per lo più
non si riconoscono, ma che si pensa possano compiacere il pubblico
maschile. Nella pubblicità il corpo delle donne viene spesso
associato alla vendita di prodotti destinati ai maschi, in forme e
modi che non è esagerato definire umilianti; le donne, quando non
sono semplicemente orpelli decorativi in trasmissioni di vario
genere, continuano ad essere rappresentate soprattutto come
casalinghe nevrotiche e madri ansiose, ossessionate dall’igiene e
dall’alimentazione; ne consegue che certi stereotipi che riguardano
l’universo femminile sono ancora ben vivi.
Più
in generale, nella nostra società continuano ad essere presenti
istituzioni e modi di pensare di tipo maschilista: tanti uomini
mostrano schemi mentali, convinzioni e comportamenti che non sono
molto diversi da quelli degli autori delle violenze. Il gesto
estremo, quello che lascia il segno nella vita della vittima, può
essere considerato come la manifestazione più evidente di una
violenza che è annidata sotto molte forme nel nostro vivere
quotidiano, anche nel linguaggio, nelle tradizioni religiose, nel
sistema politico. Un Paese di uomini e donne, ad esempio,
dovrebbe essere governato da uomini e donne: invece la presenza
femminile nella vita politica è ancora marginale.
Tornando
al tema delle relazioni, è necessario perseguire l’obiettivo di
una maturazione psicologica e affettiva che coinvolga entrambi i
sessi: fare chiarezza sul fatto che qualsiasi rapporto umano deve
basarsi sul vedere realmente l’altro, accettarne le diversità, non
solo quelle di genere, rispettarne i desideri e le convinzioni senza
pretendere di modellare nessuno a nostro piacimento. E soprattutto
mettere in conto che se è entusiasmante l’incontro e la relazione
quando ci si mette in gioco, quando c’è corrispondenza, bisogna
accettare che ci possano essere anche le delusioni, dovute
sostanzialmente al fatto che non possiamo avere il controllo su un
altro essere umano, né capirlo e conoscerlo completamente.
La
crisi del vecchio ordine patriarcale, che assegnava ai maschi un
ruolo preminente, li ingabbiava in ruoli e atteggiamenti ormai
superati e anacronistici. Gli uomini oggi devono cambiare; sempre
più e con sempre maggiore consapevolezza condividono e
collaborano all’interno della relazione e della famiglia. La
riflessione su se stessi e il dialogo e il confronto con l’altro/a
sono la via maestra per il superamento della violenza contro le
donne.
Educare
i figli maschi
A
conclusione della relazione, mi sembra opportuno spendere due parole
sull’educazione dei figli maschi. Mentre molto si è detto e
scritto, e probabilmente anche fatto, sulla necessità di educare le
bambine per renderle persone libere e capaci di sottrarsi agli
stereotipi di genere, per i bambini forse non c’è stata la stessa
attenzione. Ma se vogliamo una società più giusta e più libera, è
necessario educare i bambini, così come le bambine, per aiutarli a
liberarsi dai pregiudizi e da modelli comportamentali sbagliati.
Quindi i genitori devono insegnare ai maschi sin da piccoli che è
giusto esprimere liberamente le proprie emozioni, e anche piangere,
senza preoccuparsi di essere considerati per questo delle
“femminucce”.
Non
è necessario caratterizzare i giochi secondo il genere ed è
sbagliato impedire che un bambino scelga liberamente il giocattolo
che preferisce; è giusto valorizzare le figure femminili,
specialmente se non ricoprono i ruoli tradizionali, o per lo meno
mostrare che le donne possono ricoprire con successo anche ruoli
diversi da quelli di moglie e madre.
Importante
è anche insegnare ai maschietti a prendersi cura di sé: pulire,
fare il bucato, far da mangiare. Se abbiamo in mente una più equa
ripartizione dei compiti, i maschi devono sapersela cavare anche da
questo punto di vista.
I
bambini devono apprendere in famiglia che è giusto prendersi cura
dei più piccoli e degli anziani, mentre questi compiti vengono
spesso sbrigativamente considerati “compiti da donne”. In
generale non bisogna mai mostrare scarsa considerazione nei confronti
dei lavori di accudimento e cura svolti dalle donne.
Conclusione
Riconoscere
le radici sociali e culturali della violenza contro le donne nella
nostra epoca, significa comprendere come e perché si è strutturata
e considerarla un fenomeno legato ad un certo momento storico, non
come l’espressione incomprensibile e angosciante della follia
umana . E se è legata a una determinata fase della storia della
nostra società, si può non solo analizzare e studiare, ma anche
valutare come un problema che si può superare.
Alessandra
Merola
Docente
di Lettere
Socia
della Biblioteca delle Donne di Soverato
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